COME CAMBIANO I MESTIERI DEL LIBRO NELL’ERA DIGITALE

Il tema dell’incontro nella Sala Azzurra del Salone - uno dei primi di questa edizione 2014 – è uno di quelli che non può non attirare il pubblico. Come sono cambiate le professioni cosidette del libro - quelle legate al comparto editoriale, per intendersi – con l’avvento dell’era digitale? Cosa significa, oggi, essere uno scrittore? Ma soprattutto, per i giovani interessati ad aprirsi un varco in questo settore, quali sono le competenze indispensabili?
Se ne discute con alcuni esperti del settore: Giorgio Ponte, Serena Scarpello e Daniela CaputoCatherine Malet e Luigi Centenaro che si occupano tutti, a livelli diversi, di editoria e scrittura. Le slide scorrono sullo schermo, mentre i relatori parlano e il tempo passa.
Che l’Italia fosse indietro per quello che riguarda il settore dell’editoria digitale già lo sapevamo. Come sapevamo anche che i lettori di e-book, piano piano, stanno diventando una fetta consistente di mercato. Sentirlo dire ad alta voce non lo rende più vero. Nel nostro paese l’interesse per le novità sembra sempre arrivare con un po’ di ritardo, ma arriva, prima o dopo. Anche per quello che riguarda l’editoria digitale ci stiamo iniziando a muovere. E questo porta a mettere in discussione alcune figure “classiche” del mondo editoriale. Che ruolo svolge oggi e svolgerà soprattutto in futuro l’editore? Dal momento che l’auto-pubblicazione, il self publishing, si sta trasformando da fenomeno di nicchia a realtà? E che fine faranno i classici distributori, se oggi tutti possono caricare on-line il proprio romanzo e venderlo in modo quasi diretto al pubblico?
“Ho letto da qualche parte che nel 2015 il New York Times potrebbe stampare la sua ultima copia cartacea, diventando un giornale solo on-line – dice uno dei relatori dal palco – Al di là del sapore apocalittico di un’affermazione come questa, quello che bisogna analizzare e valutare è cosa comporta il passaggio da un formato all’altro, da un medium all’altro”.
Il passaggio al digitale significa diverse cose, prima di tutto in termini di contenuti. Perché se è vero che quello che vende on-line, almeno nel campo della stampa, è ancora il brand, il nome (“Così quando acquisto la mia copia di Repubblica sul’I-pad io compro un nome, un’idea di quotidiano a cui poi so che saranno fedeli gli articoli che leggerò”), sul webContent is kingCome a dire che, almeno nella libertà della rete, quello che spinge un utente a scegliere un sito di informazione piuttosto che un altro, un articolo piuttosto che un altro, è ancora la qualità del contenuto.
I nuovi apparecchi che consentono di leggere gli e-book – che siano e-reader oppure tablet – influiscono sulla natura del libro. Ma solo in parte. “È vero che oggi i romanzi tendono ad essere più brevi, per rendere più agevole la lettura sui dispositivi portatili – argomenta Catherine Malet – ma come spiegare allora la proliferazione di saghe, serie e in generale libri divisi in più parti?”
La tecnologia penetra a poco a poco nel mondo dell’editoria, anche nella nostra Italia così impermeabile alle novità. E questo porta dei cambiamenti anche nelle competenze richieste ai lavoratori del settore. Proprio da questo eravamo partiti: come cambia il mondo delle professioni del libro? Cambia in due direzioni. Da un lato nascono nuove figure professionali, più tecniche e specializzate, ma anche capaci di interfacciarsi con gli sviluppatori, senza esserlo, e di dire la loro ad alta voce nel campo del marketing. Dall’altro si modificano profondamente le competenze richieste ai lavoratori dell’editoria – le hard skill e le soft skill. Oggi non basta più avere alle spalle un percorso accademico in ambito umanistico, per pensare di iniziare una carriera nel settore. Servono capacità digitali, come la conoscenza degli strumenti utilizzati, ma anche l’abilità nel creare contenuti che attirino il pubblico. E i Social Network diventano a loro volta un campo dove si decide il fururo.
Perché oggi la selezione del personale non passa più solo attraverso la lettura dei curricula e i colloqui di lavoro. Oggi si sfruttano a pieno tutti i mezzi digitali per formarsi un’idea completa del candidato. Capita così che il vostro profilo Facebook, Twitter o Linkedin sia passato al setaccio. Perché il modo in cui socializzate e gestite la vostra rete rappresenta un banco di prova, un indicatore di quello che sapete fare e potreste fare in grande per l’azienda. E allora può succedere anche che un candidato idoneo sotto tutti gli aspetti venga scartato perché non ha abbastanza contatti sui Social. Perché oggi la vita di tutti viene amplificata e ampliata dal mondo on-line. E nessuno può pensare di contare solo sul vecchio foglio di carta, per ottenere un lavoro. Questo nuovo scenario non vi fa pensare un po’ al Grande Frarello immaginato da Orwell in 1984?

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